Mercoledì, 30 settembre 2015 @07:46
Non è un modo per tenere in ordine, forse è più un modo per sentirmi sempre protetta, a casa, anche quando viaggio. Forse perché le buste, o sacchetti, sono tutte fatte a mano, da persone che hanno cucito per me anche pensieri gentili (e li vedete su Instagram, nelle #storiecucite di oggi).
All’inizio il sacchetto era uno, uno solo: fatto con un avanzo di tela da tappezzeria con dei motivi floreali, una chiusura con un cordoncino di gros-grain, tinte sul beige o forse è oro sbiadito. Un sacchettino vintage già quand’è nato, cucito dalla mamma di una cara amica di mia mamma, una signora che non c’è più da tantissimo tempo, e che io credo di aver incontrato solo una volta. Ma può rimanere, la gentilezza, cucita dentro un tessuto? Io penso di sì. E questo è il sacchetto in cui infilo la mia biancheria per il viaggio, da vent’anni, da trenta, da sempre.
Poi ci sono le bustine cucite a mano da un’amica, Benedetta, che in realtà si occupa di libri, ma che nel tempo libero cerca avanzi di tessuti belli e cuce, e le chiude con una zip. Ne ho due: una con una peonia (che mi regalò quando uscì il mio terzo libro, "Ultimamente mi sveglio felice", che aveva appunto una peonia rossa e morbida in copertina, ricordate?). E una con un motivo di paesaggio vagamente olandese, idealmente un invito al viaggio. Ci tengo di tutto: la matita, la penna, le forcine per la mia spettinatura, un campioncino del mio profumo alle rose preferito, il labello, insomma un mini survival kit.
E infine il sacchettino, anzi tre, in tre misure, in colori che mettono allegria, blu e marrone e verde accostati, molto design come l’amica che li ha creati: Valeria. Ha cucito sopra una V di stoffa, e mi ha fatto tenerezza: perché ogni volta che la vedo penso a lei, al suo amore per i colori, per la bellezza, per tutto ciò che è design ma che rende felici. Sono nuovissimi, un regalo di quest’anno. Li uso per le calze, per le creme, per tentare di tenere la valigia a posto.
Il mio mondo nei sacchetti, che mi abbracciano quando viaggio da sola, come durante il mio ultimo viaggio in Cina.
E un dubbio: ma sono solo le donne che infilano tutto nei sacchetti, non solo in valigia ma in borsa? Mi sa di sì. Gli uomini infilano il mondo direttamente in tasca. Hanno bisogno di meno: il portafogli, le chiavi, il cellulare. Eventualmente le sigarette. Siamo noi donne ci portiamo sempre dietro quel che ci serve per sentirci a casa nel mondo.
Domo | Venerdì, 2 ottobre 2015 @10:48
Ti ri-coprono.
Non ti stringono con quel calore
con quel l'odore.
LISA | Giovedì, 1 ottobre 2015 @10:56
Ma gli oggetti non possono abbracciare, Domo? Le sciarpe, i sacchetti, i maglioni di chi abbiamo amato?
Domo | Giovedì, 1 ottobre 2015 @10:54
A questo serve il corpo:
mi tocchi o non mi tocchi,
mi abbracci o mi allontani.
Il resto è per i pazzi."
Patrizia Cavalli
LISA | Giovedì, 1 ottobre 2015 @08:06
Bianca, mi piacciono tutti, anche gli errori! Mi piace quello a righe, fatto con una camicia riciclata magari? Viva le #storiecucite.
bianca | Mercoledì, 30 settembre 2015 @23:23
quanti errori:
uno a righe fatto
quello cucito
scusate
bianca | Mercoledì, 30 settembre 2015 @23:22
Sacchetti, una passione : uno a righe fatta con il tessuto da camicia per la pashmina, quali cucita dalla zia per calze e biancheria, quello di toile de jouy regalo della figlioccia, la trousse écru del dott. haushka con burro caco, pettine ....
LISA | Mercoledì, 30 settembre 2015 @13:12
Le bustine di Benedetta sono qui, per chi non ha Instagram: http://plazadelavirgen.blogspot.si Le cuce anche "custom made" e su commissione. A Milano ma sicuramente le può spedire! Mi piace che chi vive di libri poi viva anche di ago e filo. Quanto ai sacchetti survival kit, ogni piccola cosa è preziosa, anche se è il regalo di una profumeria (molto glamcheap!). Ogni cosa parla. Ogni cosa è illuminata...
Alessandra R. | Mercoledì, 30 settembre 2015 @11:58
Ho letto e immaginato i tuoi sacchetti fatti a mano. Unici. Vezzosi. E poi li ho visti. Come li immaginavo, tecnicamente, ma alla vista certamente più belli. Io più che sacchetti ho mille pochette. Ahimè nessuna artigianale. E nemmeno comprate. Hai presente le trousse (si chiamano ancora così?) che ti "regalano" in profumeria? Ecco quelle. Il kit x, il kit y, il kit ecc... tutti nella mia borsa attico della settimana. Così grande - e pesante - ma si sa, c'è l'indispensabile di chi sta via tutto il giorno e non può contare su uno spazio mobile (ovvero l'auto). Mmmmmmm dovrei rendere più unico il mio attico ambulante. Buona giornata... o serata, visto il fuso orientale!
Paola | Mercoledì, 30 settembre 2015 @09:06
Meraviglia! Perchè leggerti e sapere tutti questi piccoli particolari della tua vita suonano sempre come una carezza al cuore, dettagli dolci come i sacchetti che hai raccontato, bell'anima Lisa, ti ringrazio!
Una buona giornata, Paola :)
Domenica, 27 settembre 2015 @05:52
"Sentirsi vuoto: lo capisco perfettamente. Comincio a credere che non esista una soluzione. L’ho imparato dalla psicoterapia: i buchi della vita non si chiudono più. Devi crescere intorno a loro, come le radici che affondano nel cemento, e devi rimodellarti intorno alle crepe".
(Paula Hawkins)
Quel senso di vuoto, quella capacità di crescere, accettare, superare. Resistere e sbocciare comunque, come i fiori testardi nelle crepe di un muro.
La frase di oggi, che è anche il mio #spillo su Gioia, è tratta da un giallo bestseller di quest'estate, "La ragazza del treno" (Piemme).
Ed è anche il mio Buongiorno dalla Cina: oggi, da Shanghai.
LISA | Martedì, 29 settembre 2015 @09:36
Alessandra R. : "La ragazza del treno" non è male davvero, soprattutto l'idea che è alla base del libro: guardare le case dal finestrino del treno, sempre le stesse, nello stesso tragitto dei pendolari, e chiedersi chi ci abita, che vita fa… E, come dire, grazie ai gialli, soprattutto in viaggio. Sul mio iPad verso la Cina ne avevo due, entrambi da non mollare fino alla fine: la nuova e quarta puntata di Millennium, con il ritorno della mitica Lisbeth Salander ("Quello che non uccide", Marsilio, scritto da David Lagercrantz che aveva una difficile eredità, quella di Stieg Larsson) e il geniale "Il manoscritto" di Chris Pavone (Piemme) Per i giallisti e le gialliste qui sintonizzati!
LISA | Martedì, 29 settembre 2015 @09:31
A: pensa ai fiori sul dirupo, sull'abisso. Anche il nulla a volte è un orizzonte. Coraggio!
LISA | Martedì, 29 settembre 2015 @09:31
Claudia mdg: su questa frase mi ha fatto molto ridere il commento di un'amica, Elena, pr d'arte, che ha messo lo spillo su Fb commentando così: "Lo spillo di Lisa Corva è una abitudine come l'oroscopo di Internazionale. #donnagruviera" . #donnagruviera mi ha fatto troppo ridere...
A. | Lunedì, 28 settembre 2015 @17:55
Mi sono sempre sentita così. Un fiore che sboccia. E molte volte quando mi sono guardata intorno ho visto il nulla.
Alessandra R. | Lunedì, 28 settembre 2015 @13:44
Che dire, era da tanto che non mi imbattevo in u libro così accattivante e coinvolgente. Solitamente snobbo i gialli e i thriller ma questo... Stavo viaggiando in metro ed ecco che sfacciatamente una pagina di quei giornaletti fre press stesa davanti ai miei occhi come un lenzuolo. La ragazza del treno. Sono io, mi son detta. E per una sorta di identificazione l'ho cercato e comprato. Lo rileggerei. Perchè per quanto possa essere estremo sotto certi aspetti, mi sono sentita leggere nel pensiero. Anche per i sensi di vuoto e la capacità, dettati dalla sopravvivenza più che dignitosa, di estrarre qualcosa di buono dalle mancanze, dal grigio, dal niente.
claudia mdg | Domenica, 27 settembre 2015 @10:26
Di questa frase mi ha parlato qualche giorno fa Gabriella, che compra Gioia "solo per lo spillo di Lisa". Mi ha detto che le sembrava scritto per lei. Ieri ci saremmo dovute incontrare: Gabriella, Giusy, Lila e io. Poi gli impegni, la prima influenza di stagione, qualche buco interiore di troppo.Ma recupereremo presto, e sono sicura che qualche nuovo fiore, testardo e striminzito, sbucherà presto fra le crepe dell'anima. Lisa, aspetto i tuoi racconti dalla Cina. Buon autunno a tutti.
Venerdì, 18 settembre 2015 @08:06
"Era vestita di bianco, e odorava di bianco come lino asciugato sui prati".
(Robert Musil)
Bianco. Quell’abito bianco che abbiamo portato per tutta l’estate, che sa d’estate. Come facciamo a rinunciarci, a metterlo già nell’armadio?
Eccoci qui, con questa frase (che è anche lo #spillo della settimana su Gioia) sfilata da "L’uomo senza qualità", il classico oversize di Musil che ho iniziato a leggere quest’estate (nella bella traduzione Einaudi). Vienna, l’impero, KuK, l’Azione Parallela, Diotima e le donne… Sono a pagina 683 e non ho ancora finito il primo volume. Penso che mi accompagnerà per molti mesi!
LISA | Domenica, 27 settembre 2015 @05:49
Grazie Domo. Sempre magnifici quei versi. Sempre bello partire sapendo che qualcuno ti aspetta a casa.
Domo | Giovedì, 24 settembre 2015 @06:15
@LisaCorva
Tutto è pronto: la valigia,
le camicie, le mappe, la fatua speranza.
Mi spolvero le palpebre.
Ho messo all’occhiello
la rosa dei venti.
Tutto è pronto: il mare, l’atlante, l’aria.
Mi manca solo il quando, il dove,
un diario di bordo, le carte
di navigazione, venti a favore,
il coraggio e qualcuno che mi ami
come non so amarmi io.
La nave che non c’è, le mani attonite,
lo sguardo intento, le imboscate,
il filo ombelicale dell’orizzonte
che sottolinea questi versi sospesi…
Tutto è pronto. Sul serio. Invano.
Juan Vicente Piqueras
Giusy (d\'antan) | Lunedì, 21 settembre 2015 @15:58
Eh, non è sempre facile trovarti, cara Lisa,su 200 e passa di pagine patinate ricche di immagini di pallide filiformi scontente di indossare abiti agognati dalle loro coetanee... ciò non toglie che mi piaccia la Domenica di Donna. Due giorni a Tri-Lub, connubio perfetto. E grazie per avermelo segnalato. Mi ero fermata a "ciao bella". Buon viaggio che tanto La Cina è vicina (più che mai) Avrai tante curiosità da raccontarci. Buon lavoro!
LISA | Domenica, 20 settembre 2015 @23:10
Io Proust l'ho letto, tutta la Recherche, ma già dimenticata. Con il sospetto (la sicurezza) di non aver capito molto, e non perché fosse in francese. Ma perché ero troppo giovane... E a proposito di letture, Giusy, hai visto sull'ultimo D la mia micropaginetta di consigli per un weekend in bilico tra Trieste e Lubiana? E sempre su D, la storia che ho raccolto: di una ragazza che ha attraversato l'Italia a piedi e senza un soldo. Una viandante contemporanea, con sorriso e cellulare. E anch'io sono in viaggio, ma non a piedi: per la prima volta, e per lavoro, verso la Cina.
Giusy | Domenica, 20 settembre 2015 @14:49
....Bella sintesi Lisa! condivido in pieno il tuo pensiero su Musil. A proposito di abiti bianchi anche Proust citava "les belles robes blanches" nella sua Recherche, ma non chiedermi a che proposito e in quale dei tre volumi. (forse erano quattro?) il mio ricordo ahimè è alquanto nebuloso visto che non sono riuscita a leggere tutta la faticosa opera...
A. | Sabato, 19 settembre 2015 @23:10
Chissà quanti abiti bianchi verranno messi a malincuore nell'armadio. Un mondo di ricordi insieme a loro. Chissà come saremo felici di indossarli di nuovo, o no, il prossimo anno.
LISA | Sabato, 19 settembre 2015 @10:50
Giusy: impegnativo, denso, arguto, nostalgico (per noi mitteleuropei). Un libro che fa pensare. Riesco a leggere al massimo un capitolo di fila, a volte mi fermo su una pagina sola. Un libro-mondo.
Carla | Venerdì, 18 settembre 2015 @21:59
Questa frase ci dice che se un uomo, e non uno a caso ma Musil, parla di abiti bianchi... Vuol dire che sono proprio belli e degni di conversazione!
Giusy | Venerdì, 18 settembre 2015 @17:25
Piacere immenso sapere che stai leggendo Musil! Impegnativo, vero? per quanto mi riguarda ogni pagina ne vale 100.
Monique | Venerdì, 18 settembre 2015 @17:10
Il bianco è il colore sfacciato del pudore.
(Tommaso Landolfi)
:-)
Mercoledì, 16 settembre 2015 @10:10
Quest’abito bianco, il mio abito bianco, che saprà per sempre d’estate, di cotone steso ad asciugare al sole. Lo guardo adesso, è già nell’armadio, e mi chiedo se forse non è troppo presto per metterlo via, è settembre, potrei indossarlo ancora una volta… Ma ci sono abiti che sanno di isole e di scogli, di ulivi e di barca; abiti che non riesci proprio a indossare, in città, anche se è ancora caldo. Abiti corti, abiti arruffati, abiti che portano i segni del tempo, abiti da vacanza e non da città. Piccoli abiti bianchi che sanno d’estate.
Nel linguaggio moda – quello che ho imparato a usare – è un "little white dress", il corrispettivo estivo del "little black dress", la "petite robe noire" che tutte le donne hanno nell’armadio (persino io che odio il nero). Ma il mio vestito bianco preferito è di quando avevo sedici anni, e non sapevo neppure cosa fosse una sfilata: leggevo Neruda e Tolstoj (ebbene sì), ed ero già un’Incurably Romantic. La moda non era moda, ma erano semplicemente abiti: abiti da desiderare e di cui innamorarsi, abiti che avevano dentro quel "transformative magic", quel potere magico di trasformarti in altro, abiti in cui cucire dentro storie e sogni. Ed è bellissimo che adesso gli abiti tornino ad essere semplicemente questo per me; anche se guardo l’etichetta, anche se so "prezzarli" come la protagonista del mio Glam Cheap.
Etichetta, appunto. Il mio abito bianco preferito non ha etichetta. E’ una vecchia camicia da notte, di un cotone bianco e leggerissimo, due bottoncini che chiudono le spalline, un ricamo leggero sulla scollatura e sul bordo. Non ricordo più da dove venga, da quale mercatino, da quale cassapanca. So che la mettevo come abito d’estate sull’isola in cui andavo e mi sentivo leggera e felice. E’ un abito senza taglia, fatto per scivolare addosso comodo; è un abito, anzi scusate, una camicia da notte, che non chiede e sorride, che si può usare sopra un costume e di sera con un paio di infradito d’oro (anche se, sulle isole, la tentazione è sempre andare scalza). Un abito di quelli che anche se lo dimentichi per qualche anno di fila in un cassetto non ti rimprovera, perché sa che prima o poi tornerai. E infatti quest’estate l’ho ripreso in mano, dopo lunghi abbandoni: perché a fine giugno, in viaggio a Marsiglia, ho incontrato per caso degli abiti così, camicie da notte di lino pesante e cotone lieve, alcune ricamate e altre monogrammate, appese in attesa nel marché aux puces di Cours Julien. Le ho toccate, accarezzate, forse potevo comprarne una? Per l’estate? Poi ho capito che a casa ne avevo già una, che mi aspettava.
L’avevo abbandonata, questa camicia da notte-prendisole, per tante estati. Per un altro "little white dress" molto amato, regalo di un’amica perduta: un abito di cotone indiano doppiato, con le maniche lunghe a pipistrello, da portare la sera, quando comincia a fare fresco, il cotone così ruvido e dolce insieme sulla pelle, come certe carezze. Poi ne sono arrivati altri. Una camicia da notte di lino pesante, con "Elisa" ricamato davanti, regalo di un’amica: apparteneva a un’anziana signora che abitava accanto a casa sua, svuotando gli armadi la figlia ha fatto dei regali… Ed è arrivato a me. Le storie che mi piacciono, gli abiti che hanno una seconda vita. E ancora un abito che arriva da lontano, dall’isola di Bali, di una stilista francese che si è trasferita lì: un regalo anche questo, di un’amica che abita in Indonesia, che l’ha comprato e non è mai riuscita a metterlo, perché il tessuto non va bene a Bali, nell’umido tropicale di Bali; è un tessuto goffrato, una crêpe più adatta al Mediterraneo…
Ma quest’estate ho sfilato dall’armadio l’abito dimenticato, la camicia da notte-prendisole, l’abito dei miei sedici anni; il cotone leggerissimo sulla pelle. L’ho indossato, portato sulla nuova isola. E si è strappato. Si è strappato più volte, prima sulle spalline, dove la stoffa cede; poi dietro, lacerato. Povero abito. L’ho lavato e lo guardo e non riesco a metterlo via. Non so se sarà possibile rammendarlo; non da me di sicuro, che non so neppure attaccare un bottone. Ma forse è un abito stanco di uscire, di essere indossato? Forse per questo voglio raccontarne la storia qui, visto che l’ho tanto amato? Forse per questo lo fotografo: lo trovate su Instagram. E' la mia seconda storia di abiti, di #storiecucite.
E poi, altre piccole coincidenze. Quest’estate, in uno dei miei articoli da Ragazza dallo Sguardo Prezzante (lo sapete, vero? Che su How To Spend It del Sole 24 Ore entro ogni mese - virtualmente e non - in una boutique diversa), ho parlato di abiti bianchi e di nostalgia. Con la proprietaria di tre boutique in Sardegna che mi piacerebbe visitare (lei si chiama Donatella Soro, e il suo negozio che vorrei vedere è a Cagliari), che mi raccontava del suo abito bianco della memoria: un abito di lino ricamato dalla mamma, perso in chissà quale trasloco. "Aveva un taglio prendisole", mi ha detto. "Bretelline sottili, piccolissimo corpino ricamato, vita altissima sotto il seno; il mio primo abito da donna". Le piaceva così tanto, le faceva così tanto estate che l’hanno scorso ne ha comprato uno di un brand famoso che glielo ricordava: ma in fondo era solo una copia... L’altro? L’altro è perduto ma memorizzato per sempre, come con gli abiti che sono nel nostro cuore, fotograti nella memoria, potremmo disegnarli a occhi chiusi.
E poi, altra coincidenza, ho incontrato una frase in un libro, una frase di Robert Musil in "L’uomo senza qualità", il libro oversize che ho cominciato quest’estate e che credo proprio mi accompagnerà per molti mesi. Una frase che ho sottolineato a matita e che ho trasformato nel mio spillo della settimana su Gioia; lo leggerete domani. Sa di cotone steso ad asciugare al sole, sa di lino ammorbidito degli anni, sa d’estate. Sa di tutti gli abiti bianchi che ho amato e che amerò.
LISA | Venerdì, 18 settembre 2015 @08:38
A., la tua storia mi piace molto per due motivi, anzi tre. Perché un abito giallo - colore apparentemente difficile da portare ma bellissimo - mette allegria. Perché è così romantico quando un uomo ci regala un abito, qualcosa da indossare: vuol dire che pensa a come potremmo essere con quell'abito addosso (sai che a me non è mai successo?). Last but not least, perché è incredibile che un abito che è anche il segno di un amore finito diventi in realtà un abbraccio per sempre. Grazie della tua storia.
LISA | Venerdì, 18 settembre 2015 @08:21
Carla, è bellissimo quello che hai scritto: un abito che ti fa sentire sicura, perché "è tutta la mia vita indossata". Mi chiedo se ne ho uno così, nell'armadio.
A. | Venerdì, 18 settembre 2015 @00:00
È molto difficile che io abbia un abito preferito. Cambio ogni anno e conservo pochissimi abiti da un anno all'altro. Mi piace cambiare sempre ma ogni abito ha una storia e sono affezionata comunque. Tra tutti, quello che probabilmente userò fino a doverlo cucire è un regalo dell'uomo che dovevo sposare e che mi ha lasciata. È un abito giallo , fatto un po' di pizzo e che quando stavo con lui non indossavo quasi mai. L'ho ritrovato nell'armadio e averlo addosso è un po' come cancellare ogni malinconia. È un abbraccio quando non posso chiederne uno e un mio segreto trucco per i giorni spenti. Non so se un giorno riuscirò a metterlo da parte ma certamente ha un posto speciale. E di abiti ne ho veramente tanti.
A. | Giovedì, 17 settembre 2015 @23:33
Che cara Lisa! Hai scritto un articolo fashion che io ho tanto atteso e che non immagini quanto amo.
Sono una fan degli white dress e non solo. Anche little black dress perché no? Indosso la gonna tutti i giorni per lavoro ma quando sono libera indosserei più vestiti che pantaloni. E i vestiti bianchi sono così belli... Sia per il mare che per un giro in città sulle isole greche come ho fatto tantissime volte... I vestiti bianchi sanno di leggerezza, di vacanza, di giornate di sole con gli occhiali neri e una bag possibilmente coloratissima.
Carla | Giovedì, 17 settembre 2015 @16:55
Il mio è un abito lungo, bordeaux, a balze, di lino , largo con lo scollo a canottiera. Lo comprai che aveva vent'anni, prima di partire per una vacanza con il mio futuro marito. E' così largo che l'ho messo per le tre gravidanze, la prima volta che feci una supplenza lo misi e un ragazzino mi fece dei complimenti. Poi ho smesso di metterlo, l' ho portato nella casa del mare, lo usavo per la spiaggia. Quest'anno l' ho rimesso per una cena, una di quelle che non sai cosa mettere; se elegante o meno, e mi sono sentita sicura, perché mi presentavo con tutta la mia vita indossata
LISA | Giovedì, 17 settembre 2015 @08:34
I bottoncini in madreperla! E avere qualcosa del corredo di una nonna! Bianca, storia bellissima.Grazie. Salutami il tuo vestito bianco… Lo usi, vero? Lo porti in giro per il mondo? ...
bianca | Mercoledì, 16 settembre 2015 @19:40
Il mio lwd preferito e più amato è la camicia da notte di una delle mie nonne, parte del suo corredo.
Vecchissima, mia nonna era nata alla fine del 1800, di tessuto pesante, piccoli ricami ,maniche ad aletta con pizzo, piccolissimi bottoni in madreperla.Fu regalata a me, la più alta delle nipoti (altezza ereditata dalla nonna).
LISA | Mercoledì, 16 settembre 2015 @12:32
Che bello, Serafina. E il tuo preferito, se hai un preferito, qual è? Che storia è cucita dentro?
Serafina | Mercoledì, 16 settembre 2015 @11:58
Capita, semplicemente è così, di essere, in alcuni abiti, semplicemente se stessi. Di sentirsi corrisposti e interpretati dalla stoffa, dai movimenti che il vento dà alla veste, dagli spazi che le spalline creano per le scapole, la nuca, e il collo di tre quarti girato, in tensione. Per me questi abiti sono gli abiti bianchi, alcuni acquistati e mai dismessi, e poi tanti altri che continuano ad occhieggiare verso di me sicuri di tentarmi e piacere, come se sapessero.
E trovare questo pezzo qui oggi...che dire, grazie.
Buona giornata
LISA | Mercoledì, 16 settembre 2015 @11:20
Alessandra R: ecco un altro capitolo, gli abiti che compriamo e poi cerchiamo l'occasione giusta per inaugurarli, la storia da cucire dentro. Ma forse anche un viaggio in treno va bene. Gli abiti adorano viaggiare e farsi stropicciare! Provaci adesso, l'estate non è ancora finita...
Alessandra R. | Mercoledì, 16 settembre 2015 @10:35
Il mio LWD è ancora lì nell'armadio. Scovato tra mille grucce ammassate, un giorno di primavera, con mille idee di quando e come indossarlo. A maniche lunghe, lungo, di pizzo. Ma no, non è un abito da sposa. Un abito che non ho messo: la scusa dei viaggi in treni che rendono inadeguata lunghezza e colori, le scarpinate nei weekend anziché sorseggiare cocktail in riva al mare o al lago (e se per quello i sandali alti han fatto la stessa fine.. chiusi in una scatola), la canicule che ha indirizzato il mio shopping su abiti e top dalle maniche più corte possibili; vacanze di maltempo. Ed eccolo lì, ancora nell'armadio. Se ne parlerà l'estate prossima?
Domenica, 13 settembre 2015 @13:53
Ci sono cose che cominciano di lunedì, e altre di domenica. Io ho scelto oggi, domenica, una giornata che mi è sempre piaciuta, di letti sfatti e libri aperti e tazze di tè e pensieri; una domenica di settembre, sulla pelle ancora il sole di ieri al mare triestino, sole di settembre, più dolce, come i fichi. L’avventura che ho cominciato è su Instagram, dove posterò foto di parole e vestiti; dove ho cominciato ad appuntare frasi (quella di oggi è mia, ma le ruberò ovunque, da libri, persone, strade), su un piccolo notes rosa, aperto su un abito (quello di oggi è, ovviamente, di una delle mie stiliste e amiche preferite: un abito ortensia di Colomba Leddi). Un’avventura che intreccia immagini e parole, poesia e moda (e poi magari anche altro, design, tessuti, ricordi, arte, tutto quello che è il mio mondo). Ma che porta sempre qui: a questo blog, al piacere di scrivere e raccontare.
Perché Instagram? Tutta colpa di un’estate molto solitaria, passata su un’isoletta nel Quarnero, con un "cabanon", proprio così, una microcasa come quella che Le Corbusier si costruì in Costa Azzurra, sul mare e tra gli ulivi, ma, a differenza di Le Corbusier, un cabanon con wifi. Un’estate solitaria, fatta di nuvole e mare e articoli (molti) da scrivere, e un libro da leggere (ho cominciato Musil, "L’uomo senza qualità", e penso che ci starò dentro parecchi mesi!). Un’estate solitaria dove ho cominciato a giocare con Instagram, a seguire persone che mi interessavano e che ho trovato per caso, a seguire foto e parole e mondi dall’America e dalla Norvegia e dalla Francia… Foto, parole, emozioni.
Così, ho pensato: nel caos felice della mia vita, un nuovo pattern. Non più i Buongiorno ogni giorno (peccato, vero? Ma magari un giorno torneranno, e ringrazio tutti quelli che, sin dai tempi della mia rubrica su City, mi hanno seguito). Ma uno #spillo ogni settimana (quello che trovate, ogni settimana, pubblicato su Gioia), e poi Buongiorno sotto forma di racconto (posterò molte più storie, interviste, incontri, qui sul blog), e i Buongiorno di parole & vestiti che troverete su Instagram, a partire da oggi appunto.
Tutto torna, come in un patchwork, come in un telaio. Perché, come nella mia prima Instagram frase di oggi, "Non lasciare che sia qualcun altro a scrivere il libro della tua vita". A volte il libro è scritto con ago e filo, o è fatto di rammendi, frasi cancellate, pagine strappate. Ma comunque è tuo.
Mariah | Venerdì, 25 settembre 2015 @00:51
Ricordo quando ogni mattina, andando a lavoro, prendevo il "mio" city nel sottopassaggio delle "cure" a Firenze. Era un rituale ormai. E ke tristezza se non lo trovavo! Era il 2009. Faceva molto freddo, ma leggere quel pensiero sul city camminando o appena arrivata a lavoro prima di iniziare, dava un sapore diverso alla giornata! Poi essendo andata via da Firenze, ho scoperto che c'era anche on line. Ma non era la stessa cosa. Quel momento...quel rituale...non era più lo stesso sapore. Mi dispiace che non c'è più sul city...e neanche su internet. :(
Jaanu87 | Martedì, 22 settembre 2015 @16:39
Mi mancheranno i tuoi buongiorno! Ti seguo ogni giorno da quando, davanti al Politecnico a Torino, distribuivano il City. Ora vivo in Canada ma ogni mattina quando accendo il pc apro lisacorva.com, che ha portato per anni un po' di poesia nella vita di una scienziata.Tentero' con Instagram!
Alessandra R. | Lunedì, 14 settembre 2015 @11:10
Ero io quella di prima... l'anonimo delle porte ;-)
Anonimo | Lunedì, 14 settembre 2015 @11:10
Porte aperte sul tuo mondo. Ovunque queste si apriranno. Nuove o esistenti, che siano... mi piace questa scelta. Sarà che adoro Instagram, per diversi motivi, e quindi mi sembra di intuire - voglio credere di averlo un pò capito - la tua scelta in una determinata direzione. Bene, adesso vado a sbirciare subito su IG ;-)
LISA | Domenica, 13 settembre 2015 @18:27
Grazie del complimento, A. E d'accordo, scriverò e posterò anche più moda… Ma vienimi a trovare su Instagram!
A. | Domenica, 13 settembre 2015 @18:06
Sei molto originale Lisa! A me , ad esempio, mancano le tue rubriche di moda. Mi piace andare a rileggere tutti gli articoli fashion in cui sei mondana, 'classy' e un po' ironica.
Però i tuoi nuovi buongiorno li accolgo ben volentieri e li aspetto come sempre.
Un abbraccio! :)
LISA | Domenica, 13 settembre 2015 @14:20
Quindi i miei Buongiorno saranno gli #spilli settimanali. Un Buongiorno non ogni giorno, ma ogni settimana. Ci saranno però dei Buongiorno diversi, tratti da miei articoli, incontri, racconti, viaggi, che posterò qui sul blog. Instagram è un esperimento… Ma l'intreccio è qui sul blog, come sempre. E qui come sempre vi aspetto.
Domo | Domenica, 13 settembre 2015 @14:13
E però...
Carla | Domenica, 13 settembre 2015 @14:11
Quindi i tuoi buongiorno saranno spilli settimanali e sarai più attiva su instagram?
Giovedì, 10 settembre 2015 @08:07
"Tutto è in disordine: i capelli, il letto, le parole. Il cuore. La vita".
(William Leal)
Il caos della vita. A volte, semplicemente meraviglioso.
A volte mi capita di incontrare delle frasi che rimangono con me. Nei libri, certo: nei romanzi e nelle poesie. Ma a volte le frasi luminose mi vengono incontro per strada, scritte sui muri, quando "la città mi parla"; o nel mondo fluttuante di Internet, sulla bacheca di un amico su Facebook, nel riquadro colorato di Instagram. Così è successo per questa frase, anche se non sono riuscita a capire chi sia l’autore: ma l’ho raccolta per voi. E l’ho trasformata nello #spillo di Gioia di questa settimana. Mi piace quel letto sfatto ma accogliente, come certi letti della domenica mattina; mi piacciono i capelli spettinati (come i miei); mi piace la vita che arruffa. Dal caos nasce bellezza. E poi, si può sempre mettere ordine.
Alberta | Giovedì, 17 settembre 2015 @14:45
Ciao Lisa, si , bella storia davvero... e leggerti è sempre un piacere. ;-) Buona giornata!
LISA | Giovedì, 17 settembre 2015 @08:37
Ciao Alberta, bella storia, vero, delle parole che viaggiano misteriosamente per il web? Ma ora la frase-luce è nostra, chiunque l'abbia scritta. E più la leggo più mi piace!
LISA | Giovedì, 17 settembre 2015 @08:37
Ciao Alberta, bella storia, vero, delle parole che viaggiano misteriosamente per il web? Ma ora la frase-luce è nostra, chiunque l'abbia scritta. E più l leggo più mi piace!
Alberta | Mercoledì, 16 settembre 2015 @14:50
P.S.: ho trovato l'originale in inglese a firma William Leal... :-)
Alberta | Mercoledì, 16 settembre 2015 @14:48
Certo, cara Lisa, "Storie di ordinaria follia" è di Bukowski... e di William Leal non sono riuscita a trovare uno scritto in tutto il web... mah! Che dirti... per quanto riguarda "Lentamente muore"... le smentite pubbliche ci sono state e sono, ormai, arcinote ai più, invece di questi versi l'attribuzione è per lo più a Keruoac ed è citato in più parti come tratto da "Storie di ordinaria follia"... come mi diceva un amico: "Che importanza ha chi l'ha scritto? Sono dei bellissimi versi che lasciano il segno ed è questo ciò che conta di più, o no?" ;-)
LISA | Lunedì, 14 settembre 2015 @11:27
Ps: "Storie di ordinaria follia" è di Bukowski...
LISA | Lunedì, 14 settembre 2015 @11:19
Buongiorno Alberta! Anch'io l'avevo trovata attribuita a Jack Kerouac - e in qualche modo mi sembrava disordinatamente appropriato, molto On the road - ma credo che sia un'attribuzione falsa. Un po' come la famosissima (e bellissima) poesia "Lentamente muore chi diventa schiavo dell'abitudine…", che circola come Neruda, ma in realtà è di Martha Medeiros, scrittrice brasiliana. Resta il fatto che di questo William Leal non ho trovato traccia su web. Misteri delle poesie che viaggiano nel cosmo e su internet, e che, alla fine, diventano semplicemente di tutti. E di chi le raccoglie.
Alberta | Lunedì, 14 settembre 2015 @09:45
Pare sia di Jack Kerouac, tratto da: "Storie di ordinaria Follia"
Giusy | Domenica, 13 settembre 2015 @13:43
...contenta ma delusa (di me stessa) per il Nescafè. le conosco bene le Altre Tazze, per via del "lèche-vitrine" che facevo a Ts con l'acquolina in bocca e non per via del caffè: Alla prossima occasione - se ci sarà - mi regalerò - tra Uffa e sbuffi - una confezione tazzina-caffè. Grazie!
LISA | Domenica, 13 settembre 2015 @13:30
Gocciolina, ben arrivata qui! Ma ci diamo del tu, vero? Ormai tu mi conosci. E se avrai voglia di raccontarmi qualcosa di te (quanti anni hai? da dove mi scrivi?), un pochino ti conoscerò anch'io...
LISA | Domenica, 13 settembre 2015 @13:29
Giusy, rispondo volentieri al tuo commento su mio corvapezz(in)o su D di Repubblica. Le "iconiche tazze rosse" sono quelle di Nescafè (brand giustamente non citato), e sono dei mugs, la tazza col manico. Le tazzine della Art Collection sono invece, come ben sai, bianche, semplici (tazzina e piattino disegnate tempo fa dall'architetto Matteo Thun), e decorate di volta in volta da artisti, a volte anche registi… Io, da non collezionista ma a vera triestina, ne ho un paio, come quella di Anish Kapoor, artista che amo molto. E dire che parlavamo di "breakfast dating"! Una comunque, Giusy, te la dovresti regalare…Una sola per un caffè solitario, i migliori forse.
LISA | Domenica, 13 settembre 2015 @13:24
Concordo, Carla. Viva la nostre tenniste, la forza, l'energia, i sorrisi. Viva le donne che si mettono in gioco!
gocciolina | Domenica, 13 settembre 2015 @11:24
Anch'io sono un cespuglio...di capelli.. E in questo momento lo e' anche la mia vita. La conosco da poco,, e Lei mi piace, per quello che scrive e per gli scrittori e poeti che mi ha fatto conoscere. Perché' sa cogliere la poesia nelle cose che vede, perché' le condivide con tutti.
Ho scritto un pensiero l'altro giorno ad un amico che compiva gli anni: " noi siamo le persone che abbiamo incontrato nella vita".
Bello mettere dentro anche Lei, Lisa, nella mia.
Carla | Sabato, 12 settembre 2015 @18:42
Approfitto del tuo spazio per dire brave, e molto altro!, alle nostre tenniste!. Sono felice perché sono due donne, perché merdionali, perché non sono giovanissime ci ricordano la bellezza della nostra Italia. La bellezza dell' impegno e della semplicità, non urlata( le Williams), il controllo della maturità. Non so forse nell'emozione, e non capisco nulla di tennis!, non sono chiara ma questo fatto mi ha riempito di piacere
Ierardi Vincenzo | Sabato, 12 settembre 2015 @17:26
LA STANZA
La mia stanza è piena
di arazzi
persiani e pensieri
che frullano la mente.
Sui muri ci sono dipinti
particolari
e belle parole d’amore,
per terra giornali
cristiani con preghiere
devote.
Dietro la porta un poster
di Ledy Marlene ...
aveva vent’anni.
Sulla scrivania una lampada
accesa per le letture lusinghe
e una sveglia a carica manuale,
oramai antiquata.
Il letto?
Tutto disordinato …
Non è mai stato in ordine.
La mia stanza grande o piccola
che sia?
è pur sempre
dove passo le mie giornate
più lunghe … quelle uggiose.
17/09/2009 21:43 piove.
Vincenzo Ierardi
Giusy | Sabato, 12 settembre 2015 @15:41
Carino e leggermente ironico il tuo pezzo su Donna (l'unico ebdomadario dedicato a noi) che leggo volentieri. Una curiosità ce l'ho: "le iconiche tazze rosse" non saranno per caso quelle di Illy? La Pietra Carsica - per via di una incontenibile avarizia su quel che non gli interessa - si è sempre rifiutato di comprarle. Non solo rosse, bellissime con decorazioni astratte e colorate...Se vuoi, puoi anche glissare la domanda, tanto mi diverto ugualmente con il tuo salotto verde.
Giusy | Venerdì, 11 settembre 2015 @13:42
...forse avrei dovuto scrivere "colei" Ma tanto, con tutti gli svarioni degli speakers (e giornalisti) di Rai News 24 e non solo.. Dovrei annotarli e farne un "bestiario"
Giusy | Venerdì, 11 settembre 2015 @13:39
Veramente pregevole questa di Hemingway: Mi sto chiedendo per chi l'abbia scritta e mi viene in mente la sua (forse) ultima love-story con quella che sembra essere stata l'ispiratrice di "al di là dal fiume....." Beh, mi piace pensarlo.
LISA | Venerdì, 11 settembre 2015 @09:44
E a proposito di caos, e ordine: su Gioia di questa settimana ci sono anche 4 coloratissime pagine di un articolo che ho scritto su Imago Mundi, di cui sono appena stata all'opening a Venezia. La collezione di Luciano Benetton: 18mila artisti da 5 continenti, con un'opera formato cartolina: 10x12. Ho intervistato sei donne, artiste o curatrici, dalla Tunisia e dalla Siria… Non è anche questo un caos meraviglioso? Quello della creatività.
LISA | Venerdì, 11 settembre 2015 @07:15
Domo (e credo anche Marta che ci sta leggendo?), come mi piace quel "sei anche i posti in cui sei stata e il solo che davvero chiami casa!.
LISA | Venerdì, 11 settembre 2015 @07:14
Carla: i capelli cotonati, la "messinpiega", la lucidatrice e la cera d'api… Archeologia domestica, mi piace tanto! Ma prima, c'era anche molto pià tempo per stare a casa.
Domo | Giovedì, 10 settembre 2015 @22:23
@marta
"Tu non sei i tuoi anni, nè la taglia che indossi,
non sei il tuo peso o il colore dei tuoi capelli.
Non sei il tuo nome, o le fossette sulle tue guance,
sei tutti i libri che hai letto, e tutte le parole che dici
sei la tua voce assonnata al mattino e i sorrisi che provi a nascondere,
sei la dolcezza della tua risata e ogni lacrima versata,
sei le canzoni urlate così forte, quando sapevi di esser tutta sola,
sei anche i posti in cui sei stata e il solo che davvero chiami casa,
sei tutto ciò in cui credi, e le persone a cui vuoi bene,
sei le fotografie nella tua camera e il futuro che dipingi.
Sei fatta di così tanta bellezza ma forse tutto ciò ti sfugge
da quando hai deciso di esser tutto quello che non sei"
Hernest Hemingway
carla | Giovedì, 10 settembre 2015 @17:18
Nell' ordine non riesco a farci stare tutto!! Il disordine accoglie tutto e tutti si sentono a casa. Questo è il mio disordine che, con buona pace della mia nonna, forse è una di quelle qualità che noi donne contemporanee abbiamo lasciato andare via..come i capelli cotonati
Mariella | Giovedì, 10 settembre 2015 @13:28
Per fare ordine, bisogna prima mettere in disordine.
Alessandra R. | Giovedì, 10 settembre 2015 @09:05
P.R.O.P.R.I.O.C.O.S.I'. E anche l'umore - il mio - è in disordine. Talmente indecifrabile che non ha né capo né coda. Confido comunque che da questo caos dello spirito nasca una stella danzante (Nietsche, vero?), magari di mazurka, con la K. Buona giornata!
Lunedì, 7 settembre 2015 @07:36
Questa è una storia che ho raccolto e ho scritto per Gioia, è stata pubblicata qualche settimana fa. Il paradosso è che io non ho mai ballato la mazurca, né con la kappa né senza. Ma da quando ne ho scritto penso che persino io, che quando ballo ho la grazia di un elefante, potrei provarci…
"Mi sono ripresa la mia vita ballando. Proprio così, ballando, un passo dietro l’altro; ballando a occhi chiusi, perché sì, la mazurka, che scriviamo così, con la kappa, la puoi danzare a occhi chiusi, lasciandoti andare al tuo compagno; ballando in piazza, davanti al mare, sotto i portici; ballando con degli sconosciuti, ballando fino all’alba, fino a sentirmi di nuovo innamorata, di un uomo forse, della vita di sicuro.
Mi chiamo Irene. Il mio nome vuol dire pace e in fondo è vero, mi porto la pace dentro, anche se gli ultimi anni sono stati più di guerra e stancanti guerriglie: un divorzio trascinato e doloroso con l’uomo che ho amato e che un tempo pensavo fosse per tutta la vita; due figli adolescenti, rimasti impigliati anche loro, nonostante tutti i miei sforzi, nel matrimonio che si spezzava e nella fatica di crescere; lotte con il conto in banca, con i soldi che non bastano mai, con l’ansia dell’affitto e su come fare ad arrivare a fine mese. Ma l’energia non mi è mai mancata, per lottare, provare, sorridere sempre. Forse per questo non me li sento, e gli altri proprio non me li vedono, i miei anni; io che porto ancora le trecce, le gonne lunghe, che mi sento hippy – o meglio neohippy - nel cuore e nel corpo. Ed è stato il corpo a suggerirmi di ballare.
Mi è sempre piaciuto tutto quello che ha a che fare con il corpo e l’espressione corporea; ha a che fare, anche, con il mio lavoro. Negli anni più duri della separazione è stato il tai chi che mi ha salvato, mi ha insegnato a concentrarmi, essere leggera e forte. Però poi, una volta rimasta sola, ho capito che volevo di più. Che volevo divertirmi, ballare; che volevo la musica; che volevo delle emozioni. Ho provato a prendere lezioni di tango. Ma ho capito che non faceva per me. E poi sono stata invitata alla mia prima mazurka klandestina. Già il nome mi piaceva, l’idea ancora di più: ballare in piazza, la sera, mentre la notte avanza; riprendersi in modo pacifico le piazze delle città; trovarsi con un appuntamento su Facebook e non sapere, ogni volta, chi ci sarà, con chi ballerai, chi ti sorriderà. In quest’ultimo anno ho ballato ovunque; in una piazza circondata da palazzi scintillanti, con il mare davanti; negli stabilimenti balneari della costa, la sera, quando sono vuoti e hai negli occhi il tramonto; su un ponte lungo un fiume, con una vera orchestra improvvisata; sotto i portici di piccole e grandi città; in cima a un torrione medievale, sul bordo di un precipizio, all’alba; e una notte mitica, a Venezia, quando abbiamo cominciato a ballare davanti alla stazione, e, campo dopo campo, siamo finiti in Piazza San Marco.
Ho scoperto che ballare la mazurka vuol dire innamorarsi ogni volta. Vuol dire lasciarsi andare a tre minuti di emozioni, e poi ancora tre minuti, e tre minuti… Esattamente quanto dura un ballo. Ho scoperto di avere un’energia nascosta, ho scoperto che ballando mi sento ancora più viva, che l’energia si crea e si rigenera. Ho scoperto di nuovo la fiducia e l’apertura verso il mondo: le mazurke klandestine sono a numero variabile, possono partecipare una decina di persone (e allora si chiama "skeggia"), ma anche più di cento. L’importante è la musica, seguire i passi, seguire il tuo compagno di quella sera, di cui magari non hai ben afferrato neppure il nome; seguire l’armonia del gruppo. Ho scoperto il piacere della musica che è senza età: nelle mazurke klandestine ci sono ventenni e cinquantenni, senza barriere, senza pregiudizi, solo la voglia di stare insieme. Ho scoperto che tutto quello che impari nella mazurka puoi usarlo nell’amore, e viceversa. Per me è stato una specie di allenamento a lasciarmi andare; per imparare - dopo un lungo matrimonio ed un ancora più lungo divorzio - ad aprirmi di nuovo alle emozioni.
Ho scoperto, ballando, che ho ancora voglia di amare. Che agli uomini piaccio, che gli uomini mi piacciono. Che ho voglia di provarci, ancora; e se magari anche in amore sbaglio, come quando sbagli un passo, inciampi, l’importante è la musica, seguire il ritmo. Ballando ho conosciuto uomini della mia età e uomini più giovani. Ho avuto una passione, mi sono illusa, sembrava potesse essere una storia vera, con un uomo che viveva in un’altra città, separato, senza figli. Non ha funzionato. Forse era troppo presto. Forse io chiedevo troppo, forse lui voleva dare troppo poco. Ho avuto una storia con un ragazzo più giovane, molto più giovane; mi piaceva tutto di lui, il corpo scattante non ancora segnato dalla vita, il sorriso senza incertezze. Mi piaceva il suo entusiasmo, il non avere paura, il gettarsi avanti, il piacere di ballare a piedi nudi, scalzo, come me. Non è durato, ma non importa: è stato bello.
E adesso? Adesso continuo a ballare. Mi sento più sicura, e grata alla vita per tutto quello che ho avuto: i miei figli, che stanno trovando la loro strada. Sono grata anche di questo spazio tutto mio, in cui non sono né moglie né madre, ma soltanto una donna, una donna che danza alla vita a occhi chiusi. Una donna che balla non nel chiuso di una stanza, ma in piazza, per strada, in riva al mare, nel mondo. E poi, chissà, magari un altro amore mi aspetta, al prossimo giro di danza".
Come si partecipa a una "mazurka clandestina"? Non è necessario saper davvero ballare: basta avere voglia di imparare. Infatti nella "mazurka francese" o "mazurka lenta", rispetto ad esempio al tango, non è importante la tecnica: si balla con il cuore. Le date degli incontri (con il luogo di ritrovo e l’orario) si trovano su Facebook, e l’invito è aperto a tutti: perché la mazurka oggi è questo, si scrive con la kappa, è un ballo folk ma "reloaded", virale attraverso i social network. Non più un ballo dimenticato da vecchia sagra di paese, ma portato nelle piazze, di sera e di notte, da gruppi entusiasti di trentenni (e over). Nata a Milano, dove la mazurka klandestina si è data appuntamento nella grigia e seriosissima Piazza Affari, sta contagiando tutta l’Italia: si balla sotto i portici di Bologna, per i campi di Venezia, tra i "due mari" di Taranto, nelle piazze di Firenze e Roma, o in piazza Unità a Trieste, con davanti il tramonto e il mare.
Giovedì, 3 settembre 2015 @15:37
"Vestimi con un bacio."
(Saša Pavček)
Vestimi con un bacio, è l’unica cosa di cui ho bisogno per affrontare il mondo. Il tuo amore, un’armatura: lo sapremo solo io e te.
Questo verso, sfilato da una poesia di Saša Pavček, è anche lo #spillo di Gioia di questa settimana. Mi piace quel "vestimi con un bacio", "obleci me v poljub" in originale, che io ho interpretato così: il bacio di chi amiamo e di chi ci ama che ci veste, ci protegge, quando usciamo la mattina, nel mondo. Quando, dopo l’estate, in quella che i francesi chiamano "la rentrée", dobbiamo non solo vestirci di più, aggiungere uno strato; ma "vestirci" anche per affrontare i problemi, le incomprensioni, i malumori, gli ostacoli, i dispiaceri, sul lavoro e non solo. Basta un bacio? Forse sì. Speriamo.
LISA | Lunedì, 7 settembre 2015 @07:33
Domo: haiku perfetto. Ed è questo, in fondo, l'amore.
Domo | Lunedì, 7 settembre 2015 @00:08
Ed è
così.
Non c'è
perché.
Poesia di Romano Cajelli.
LISA | Sabato, 5 settembre 2015 @10:41
Non male essere portato qui da Neruda, Mirko! Molto… poetico:-)
Mirko Morello G.C. | Venerdì, 4 settembre 2015 @22:49
Neruda mi ha condotto in questo tuo luogo di serenità e senso. Mi piace molto. Continuo a sbirciare un po'. Una buona serata =D
Mirko.
P.S. mi trovi qui (http://mirkomorellogc.blogspot.it/ ) se hai voglia di Poesia.
LISA | Venerdì, 4 settembre 2015 @15:18
Oggi, Alessandra R, un'amica, Benedetta, ha postato questa frase sul suo profilo Facebook: "Settembre, la fine dell'estate e l'inizio di tutto il resto". Sarà vero? Mi piace molto la frase, ma penso che ogni stagione abbia in sé un nuovo inizio. Almeno lo spero!
Alessandra R. | Venerdì, 4 settembre 2015 @09:31
Eh sì, cara Lisa, ci vuole artiglieria pesante per il post rientro. Con un carico notevole di baci. E nuovi e vecchi sogni a cui puntare. Buon rientro.