Domenica, 31 gennaio 2021 @10:57
"Il tempo passò, trasformando tutto in ghiaccio.
Sotto il ghiaccio, il futuro si agitava.
Se ci cadevi dentro, eri morto.
Era un tempo
di attesa, di azione sospesa.
Vivevo nel presente, che era
quella parte di futuro che potevi vedere.
Il passato fluttuava sopra la mia testa,
come il sole e la luna, visibili ma mai raggiungibili"
(Louise Glück)
Devi imparare ad aspettare.
L’ultimo giorno di gennaio, e dalla mia finestra vedo, leggerissima, la neve. Siamo nel ghiaccio dell’inverno, ma anche nel ghiaccio di questo tempo di "suspended action": forse per questo mi sono così piaciuti i versi di Louise Glück, la poetessa americana ultimo Nobel Letteratura.
Sono tratti dalla raccolta "Averno" (Il Saggiatore), con la traduzione di Massimo Bacigalupo. E con il testo a fronte. Ecco l’originale:
"Time passed, turning everything into ice.
Under the ice, the future stirred.
If you fell into it, you died.
It was a time
of waiting, of suspended action.
I lived in the present, which was
the part of future you could see.
The past floated above my head,
like the sun and the moon, visible but never reachable".
Sam70 | Mercoledì, 3 febbraio 2021 @15:03
L'Anonimo delle 15 sono sempre io, Sam70!
Anonimo | Mercoledì, 3 febbraio 2021 @15:00
Sono anch'io certa che arriverà la primavera! Il tempo scorre comunque, per quanto lentamente. E anche le peggiori giornate passano. Non mi sento sconfitta, ma soltanto (appunto) sospesa, cioè in attesa. Di cosa? Non so, forse proprio del disgelo e della primavera! Grazie Lisa
LISA | Mercoledì, 3 febbraio 2021 @12:20
Sam70, proprio stamattina ho riletto questi versi, tengo il libro della Glück accanto al letto. Stiamo camminando sul ghiaccio, o forse a bordo di un lago ghiacciato. Si fa fatica... Ma a un certo punto arriverà la primavera! Anche dell'anima. Spero.
Sam70 | Martedì, 2 febbraio 2021 @20:50
Il tempo sospeso... esattamente quello che sto vivendo... Un brutto periodo, un momento difficile, una situazione complessa... Un futuro inimmaginabile, un presente bloccato, un passato irrecuperabile... Vivo appesa ad un filo ed ho il terrore che si possa spezzare... Non posso tornare indietro, non posso restare ferma, non posso andare avanti... Sono sospesa nel tempo sospeso...
Sam70 | Martedì, 2 febbraio 2021 @20:33
hYGSZY
Domenica, 24 gennaio 2021 @15:54
"Perché c’è sempre luce,
se solo abbiamo il coraggio di vederla,
se solo abbiamo il coraggio di essere luce".
(Amanda Gorman)
La luce dentro la parola coraggio.
Riconoscete i versi? Sono della giovane poetessa americana che mi ha conquistato alla cerimonia inaugurale presidenziale di Biden. La traduzione, imperfetta, è mia, quindi ve li riporto in inglese, sono i versi finali della poesia :
For there is always light
If only we are brave enough to see it
If only we are brave enough to be it.
Anche dentro l'anello che indossava Amanda c'è una poesia, ne ho scritto per il Sole24Ore, ecco qui:
Fashion Poetry: il giallo di Amanda. Perché negli occhi, della cerimonia di giuramento di Biden, 46esimo presidente degli Stati Uniti, ci sono rimasti due colori: il purple, viola/indaco di Kamala Harris, prima donna e prima persona black vicepresidente degli Stati Uniti, il suo sorriso e la nostra commozione; ma anche il giallo-energia del cappotto Prada indossato da un’apparizione, Amanda Gorman. Appena 22 anni, la giovanissima "poet laureate", chiamata dalla moglie di Biden a leggere un suo componimento, ha conquistato tutti. E su Instagram, in poche ore, è balzata oltre i 2 milioni di followers. Come resisterle? Non solo per le parole, di forza e speranza: "The Hill We Climb", il poema quasi rap finito il giorno dell’assalto al Campidoglio, parla di equità, unità e futuro, nel giorno in cui "una ragazzina black, discendente di schiavi, figlia di una mamma single, può sognare di diventare presidente degli Stati Uniti, e intanto recitare per quello nuovo".
La forza della poesia. Ma anche di un gioiello talismano. Un piccolo capolavoro di oreficeria, l’anello Aviary che portava al dito: una gabbia d’oro con dentro un uccellino di giada, corallo e calcedonio. Regalo di Oprah, scelto anche per l’allusione a un libro-mito, per le donne black e non solo: "I Know Why The Caged Birds Sing", l’autobiografia di Maya Angelou. Un uccello in gabbia che riesce a cantare.
Ci piace ricordare che di Aviary, e del brand che l’ha creato, Of Rare Origin, abbiamo parlato su HowToSpendIt qualche anno fa, quando l’abbiamo scoperto in uno dei negozi di lusso e bellezza che scegliamo nel mondo. Dietro, un sogno e un’impresa al femminile: una madre, Leslie, e due figlie, Octavia e Thea Giovannini-Torelli, che parlano (anche) italiano grazie al padre. Felici di quest’anello che le ha portate alla ribalta.
"Durante i mesi difficili della pandemia ci siamo inventate un "trunk show" in giro per l’America, per boutique e clienti private; insieme ai nostri gioielli, dolci italiani e un Aperol Spritz Bar", ci hanno raccontato. "Amanda Gorman indossa il nostro Aviary Ring che, come tutti i nostri gioielli, è disegnato da noi a New York, ma fatto a mano in Italia. Che Amanda sia un vero segno di speranza per tutti!".
Perché a volte basta il gioiello giusto per affrontare con decisione il futuro. Lo sa Amanda, ma anche Lady Gaga, che indossava una spilla oversize a forma di colomba, Schiaparelli come l’abito haute couture. Mentre Kamala, che per il giuramento ha scelto lo stilista americano Christopher John Rogers, ha messo al collo un filo di perle, come fa dal giorno della laurea. I gioielli della vita, per la vita.
LISA | Lunedì, 25 gennaio 2021 @10:32
Sì, su Instagram stiamo postando il Buongiorno con il giallo preferito della mia amica Valeria Settembre, l'art director di Elle Decor che impagina tutti i miei Buongiorno. E che sta rifacendo il mio blog! Anche questa è una storia - energizzante - di amicizia al femminile. La nostra!
Carla | Domenica, 24 gennaio 2021 @21:16
Concordo sulla giovane Amanda, e per quanto riguarda l’anello a me è subito venuto in mente la spilla di Cartier con l’uccellino in gabbia. Anche in quel caso fu una donna, Jeanne Toussaint, a riempire le vetrine di Cartier durante l’occupazione nazzista. Io ho trovato un filo conduttore di rappresentanza fra una donna che allora cercava di combattere l’oppressione e Amanda, giovane donna che ricorda il suo passato di oppressione ed è così forte che può farne un gioiello.
E che bella la sua poesia è il giallo di Valeria settembre!
Domenica, 17 gennaio 2021 @09:12
"Scrivi parole diritte e chiare,
amare, lottare, lavorare"
(Gianni Rodari)
Aggiungo: sognare.
Per questo inizio 2021, ho scelto Rodari. Non solo perché sono parole che incoraggiano ad andare avanti. Ma anche perché mi ha fatto piacere seguire il centenario di un grande, nelle conversazioni e nel lavoro di un’amica, Gaia Stock, che nella sua casa editrice - Einaudi Ragazzi - ha il prezioso archivio dello scrittore. "In casa editrice sapevamo bene che il 2020, prima o poi, sarebbe arrivato: ne parlavamo sommessamente da anni, un po’ spaventati, un po’ elettrizzati. Raggiunta la data del centenario vero e proprio, 23 ottobre 2020, cent’anni dalla nascita di Rodari, per festeggiare abbiamo sognato in grande. Forti del sostegno delle parole di Rodari che non ha mai perso l’occasione di incoraggiare i sognatori, i costruttori di realtà non ancora conosciute, i romantici visionari".
Così ha scritto Gaia in un libro appena uscito, "Rodari A-Z" (Electa), impaginato da un maestro del graphic design, che ho avuto il piacere di incontrare e intervistare, Leonardo Sonnoli. Io per conto mio ho festeggiato Rodari regalando a Zeno, il mio simpatico nipotino, figlio di mio fratello (cuore di zia, ma è davvero simpatico), due Rodari meravigliosi: "Favole al telefono", e "Il pianeta degli alberi di Natale", entrambi con le illustrazioni di un altro genio, Bruno Munari. Ma ho pronto – per quando sarà finita la pandemia e potremo rivederci – "Cento Gianni Rodari –Cento storie e filastrocche. Cento illustratori" (Einaudi Ragazzi anche questo, grazie Gaia!). Vi segnalo poi il sito curato da Gaia Stock, che è ancora in crescita: 100giannirodari.com
Intanto, sogniamo, progettiamo.
Suona la campanella
scopa scopa la bidella,
viene il bidello ad aprire il portone,
viene il maestro dalla stazione
viene la mamma, o scolaretto,
a tirarti giù dal letto…
Viene il sole nella stanza:
su, è finita la vacanza.
Metti la penna nell’astuccio,
l’assorbente nel quadernuccio,
fa la punta alla matita
e corri a scrivere la tua vita.
Scrivi bene, senza fretta
ogni giorno una paginetta.
Scrivi parole diritte e chiare:
Amare, lottare, lavorare.
(Rodari)
Stavolta voglio però esagerare, in onore ai costruttori di sogni: ecco l’intervista che ho fatto a Sonnoli per il Piccolo di Trieste. Dove abbiamo parlato, anche, di mio nonno.
Trieste è un segno grafico. Trieste è una mappa da percorrere e decifrare, anche cercando i segni del passato. Così è almeno per Leonardo Sonnoli, nato a Trieste nel 1962, oggi uno dei più noti graphic designer in Italia, e nel mondo. "Sono culturalmente, profondamente, triestino, anche se quello che mi lega alla città è un rapporto di amore e odio", dice. "Quando ho terminato gli studi – ho studiato all’Isia di Urbino, dove insegno adesso – e pur avendo cominciato a lavorare con il bravissimo Pierpaolo Vetta, ho accettato l’offerta di lavoro che mi portasse il più lontano possibile dal golfo". Ora Sonnoli vive a Rimini; un altro mare, ma sempre un mare davanti agli occhi. "Prima di essere accettato all’Isia, a Trieste avevo studiato all’Istituto tecnico industriale Alessandro Volta, lo stesso frequentato da Dudovich: anche se io, a dir la verità, imparavo a saldare tubi". Dal cacciavite al disegnare l’immagine di una grande fiera d’arte contemporanea come Artissima a Torino, o "impaginare" l’ultimo libro di Bulgari, c’è un bel salto. "Vengo da una famiglia benestante ma impoverita. Dopo la morte, in pochi anni, di mio nonno e mio padre, per un periodo siamo andati avanti – io, mio fratello Pierpaolo, e mia madre – con la sola pensione sociale di mia nonna. Stavamo in un appartamento dove pioveva dentro, nel vero senso della parola. Senza riscaldamento. E con lo sfratto. Quante volte ho invidiato le persone al caldo, con un bicchiere in mano, dietro le grandi vetrate che vedevo passando davanti al Savoia Excelsior.... Così, quando sono tornato a Trieste con i miei figli, sono sceso proprio al Savoia. Una volta, anche al Duchi d’Aosta, dove ho preso una stanza con vista su piazza Unità. Diciamo che mi sono tolto la soddisfazione". Ma com’è passato dai tubi alle invenzioni grafiche? "Sono cresciuto con l’arte. Mia madre dipingeva. A casa, nel corridoio dove io e mio fratello giocavamo a pallone, c’era una natura morta del triestino Bruno Croatto, ce l’ho ancora davanti agli occhi. Mia nonna mi ha sempre incoraggiato a studiare; mio fratello, più grande, appena ha cominciato a guadagnare mi ha aiutato… Mi hanno spinto ad andare avanti. Sa i momenti di felicità che ho passato da Smolars, tra i quaderni e le matite, cartoleria dei sogni? Ma la mia vera scuola è stata la città. Andavo a vedere mostre in gallerie d’arte che oggi non ci sono più, e senza magari capirci niente: la galleria Planetario in via Diaz, che esibiva un artista che mi colpì profondamente, Emilio Scanavino. La galleria Torbandena, la Tommaseo. Erano gli anni Settanta: pur essendo Trieste, allora come oggi, provincia dell’impero, c’era vita, curiosità, fermento. Andavo al museo Revoltella, ancora oggi uno dei miei luoghi del cuore: e rivedere le opere di Timmel, di Sofianopulo, e Mirella Sbisà, ogni volta mi riconcilia con la città. Testimonianza di una capacità triestina di fare le cose, interpretare il mondo". Come Pierpaolo Vetta, prima suo mentore, poi socio. "Gli sarò per sempre grato perché è lui che mi ha fatto conoscere la storia della grafica in città, e mi ha incoraggiato a studiare. Così ho scoperto, ad esempio, che Trieste era stata sfiorata dalle avanguardie; qui si sono tenute le prime serate futuriste. E quando si è trattato di fare la tesi all’Isia, ho pensato alla grafica triestina anni Venti e Trenta, post Dudovich per capirci. Mi interessava Marcello Claris, che aveva disegnato le pubblicità della gioielleria Cavallar, tra cui una famosa: "La sveglia che ti sveglia, la sveglia Cavallar". Però alla fine ho scelto lui, Urbano Corva. Cercai sull’elenco del telefono il suo nome; conobbi la vedova, Augusta, andai a trovarla, a vedere i disegni e l’archivio. Gli sono in qualche modo debitore di un segno, un gusto". Un’educazione alla grafica, all’illustrazione, all’arte, che a Trieste passa anche per i robivecchi… "Ho delle copertine straordinarie di libri, anche disegnati da Urbano Corva, trovate proprio dai rigattieri. Andavo spesso nella bottega di via Malcanton, ma le giravo un po’ tutte; compravo cose che ho capito bene solo dopo. In questo ringrazio Trieste, città borghese , città anziana, che svuotava armadi e soffitte. Era una continua scoperta". Molte di quelle illustrazioni, poster, copertine, adesso sono nella sua grande libreria; sono materia per lezioni, conferenze, nuovi lavori. E Trieste, dimenticata? "Ci torno, ogni tanto, con i miei figli. Li porto nei luoghi della mia infanzia. A mangiare le paste crema a Basovizza. Al mare a Grignano Uno, dove passavo tutte le mie feste di compleanno. Ma adesso è parecchio che non torno". La prossima volta può scendere a un nuovo albergo ricavato in un palazzo stupendo, l’ex Ras di Berlam, di inizio Novecento. Il caffè, al primo piano, è in stanze che sono uno spettacolo di stucchi e decori. Sonnoli ride, ma è un riso amaro: "Le conosco bene quelle stanze. Ci andavamo io e mio fratello, a chiedere comprensione per lo sfratto: la Ras era proprietaria dell’immobile dove abitavamo; sì, la casa dove pioveva dentro". Trieste mappa di storie, destini e segreti.
LISA | Martedì, 19 gennaio 2021 @08:45
Hai detto bene, Carla: la grammatica della fantasia. E anche dei sentimenti: aspetto ancora storie di primi baci, certo!
Carla | Lunedì, 18 gennaio 2021 @20:00
Bellissimo il buongiorno di Rodari! Sai che anch'io l'ho riscoperto come autore anche per noi adulti. Anzi, forse molto più comprensibile da adulti, nel significato profondo, più che da bambini dove l'incanto delle parole e la magie delle atmosfere ti colpisce di più il cuore che la mente. E in qualche modo mi sembra che anche la seconda storia abbia un che di rodariano. Un perito meccanico che con la ricchezza della curiosità finisce a fare il grafico, e che grafico, non ricorda la grammatica della fantasia? Dove si insegna che la grammatica non sono regole, ma la fantasia ha le sue regole.
Buona settimana!
Ps. Sei ancora in attesa dei baci...?
Domenica, 10 gennaio 2021 @10:46
"Ascolto in questa notte
il letargo invernale.
Pioggia sui monti".
(Kobayashi Issa)
Dormo. O forse raccolgo forze, idee, desideri.
In questo letargo obbligato della pandemia, mi sono tornati in mente i versi di Kobayashi Issa (1763-1828), uno dei più famosi poeti, e pittori, giapponesi, tratti da "Il grande libro degli haiku", Castelvecchi. È considerato uno dei quattro grandi maestri di haiku. Conosciuto soprattutto come Issa, che vuol dire "tazza di tè": bello, vero?
Lilabella nuova | Lunedì, 11 gennaio 2021 @15:32
E' davvero molto bello questo haiku. Mi fa sorridere il fatto che hai voluto sottolineare la traduzione di Issa. Io che amo sempre più il caffè al the, perché se bevo il the poi non riesco a dormire. L'haiku però riporta ad una dimensione ovattata. Amo infatti ascoltare il rumore della pioggia e vederla bagnare i monti deve essere stupendo.
Domenica, 3 gennaio 2021 @10:00
Te lo ricordi il primo bacio? Ve l’avevo chiesto in un sondaggio su Instagram. Così, per giocare. Mi avete scritto i vostri ricordi (ma c’è stato anche chi, il primo bacio, proprio non se lo ricordava): il bacio umido come una lumaca, il bacio di prova all’amico di sempre, quello di notte in piazza Navona o di nascosto in un armadio... Ecco, come promesso, il racconto che ho scritto ispirato alla storia "vincitrice", che mi ha raccontato Valentina. Su Instagram è tutto impaginato con i colori Pantone del 2021 (Ultimate Gray, il grigio della pandemia, e Yellow Illuminating, la luce del futuro), su idea di Valeria Settembre! Così il primo Buongiorno dell’anno è un racconto. E un bacio! Buon anno - e buoni baci - a tutti. Aspetto i vostri.
1998
Finisce il millennio, anche se non so ancora bene cosa sia un millennio. So solo che ho cinque anni ma sono già un po’ innamorata di te. Il gioco di questo pomeriggio è che io e mia sorella ti abbiamo chiuso in un armadio, poi a turno entriamo al buio e ti diamo un bacio. Un bacio vero, per imparare. Lei è più grande e più bulla, e quindi sta molto più tempo con te. Io sono la sorella piccola dentro e fuori dall’armadio.
2011
Facebook: "persone che potresti conoscere". Ma sei tu! Ci scambiamo i cellulari, mi dai appuntamento, ci vediamo. Sei tu il regalo per i miei 18 anni? In ogni caso, ci ri-baciamo. Un bacio timido: sa un po’ d’infanzia e un po’ d’avventura.
2019
Anni che non ti sento, che non so più niente di te. Poi swipe, eccoti apparire su Tinder… Mi hai visto anche tu, vero? Non è un caso, se mi mandi un whatsapp il giorno dopo. Ci rivediamo, per curiosità, e perché se è questo che vuole il destino, allora vuole di sicuro che ci baciamo ancora.
2040
I baci si danno con un chip sulla punta delle dita, perché lo smartphone ormai è incorporato nella mano: arrivano direttamente sottopelle. Io sono a casa, tu anche; divisi da chilometri galassie e pandemie, e bè… ci ribaciamo. A occhi chiusi. Sembra quasi come stare di nuovo al buio dentro quell’armadio.
Sharon | Giovedì, 14 gennaio 2021 @20:16
Ciao Lisa. La mia storia sul primo bacio :)
La fine della primavera cinguettava sempre soave per le vie di Cologno. Questo perché coincideva con la fine della scuola e tutti i marmocchi, con scaltra sagacia, trainavano i nonni al parchetto comunale per scroccare i giri sulle giostre a un euro. Io invece, cresciuta a pane e punizioni, tornavo a casa sola, trascinandomi sulle spalle chili di sussidiari, invidia e perfide idee di rivendicazione. E proprio durante quei tragitti immaginavo costantemente la maniera meno complicata per svelare il mio impetuoso amore a V.
Immaginavo dirgli, ad esempio, che avrebbe dovuto scegliere me e non quella sgualdrina sdentata e occhialuta di M, che avrebbe dovuto notare i miei gesti disperati di attenzione, tipo i disegni sotto il banco che gli lasciavo di nascosto la mattina, e che era me che doveva invitare a casa per fare la ricerca su Napoleone e non quella sgualdrina occhialuta di M.
I miei pochi pensieri, alla fine, da bambina mezza adulta che ero, si riducevano sull’unico che valeva la pena tenere a mente: baciare V. di nascosto nei bagni della primaria della Italo Calvino.
Ma come ogni storia che si rispetti, ciò non accadeva mai, anche perché avevo una sorta di fidanzato, il povero e ignaro G.
Che ne so perché ci stavo insieme, presa com’ero da tutt’altra dinamica sentimentale con le mie fantasie.
Mi chiese un giorno su un pezzo di quaderno dei compiti di casa: "ci mettiamo insieme?" e io misi la crocetta sul si. Ma il problema, in tutto questo, era che limonai a tradimento con L.
Ci ritrovammo un giorno nel cortile di casa delle nostre reciproche nonne.
Tra un giro in bicicletta e l’altro lui mi chiese: vuoi essere la mia fidanzata?
Spiazzata da quella domanda così inopportuna ma che sapeva di fresco, gli risposi con un semplice: "ok".
La sua lingua si ficcò immediatamente nella mia bocca come un cubetto di ghiaccio fastidioso. Impotente e senza fiato mi fu dato il mio primo bacio.
un bacio contorto, a tratti demonico. Di certo non era così che me l’aspettavo.
Chissà che aveva visto per propormi quel trattamento! L. inoltre, non solo mi impose la sua lingua, ma mi fece vedere tra le sue mutande il suo pisellino e mi disse che potevo "giocarci".
Piccolo, moscio, ridicolo, non credevo ai miei occhi. Tremendamente triste quel bacio rovinoso, il primo della mia carriera.
Per fortuna 20 min dopo L. ci ripensò.
Mi disse che non voleva più stare con me. Sollevata dall’incarico come un Marines mutilato.
Per fortuna, nel mio cuore, V. esisteva ancora.
Anche se ero fidanzata con G. e avevo appena limonato a tradimento con L.
Insomma, già da piccola la mia vita preannunciava disastri, preludio di una vita fatta di fuggi fuggi, tradimenti e frullati endovena di capricci.
Una vita fatta di baci non voluti e di taglienti, impossibili, amori.
Enrico Neiretti | Domenica, 10 gennaio 2021 @14:46
Accendo una Chesterfield mentre mi accosto alla finestra. Aspiro in silenzio in questo momento mio. Amo fumare circondato da una calma ovattata, quasi irreale, che fa da contrappunto alle giornate troppo piene e caotiche.
Però a volte sento la mancanza di una condivisione. Vorrei che quel momento perfetto non fosse soltanto mio, ma che ci fosse accanto a me qualcuno. Gustare il sapore intenso e persistente della sigaretta, vedere il fumo lieve dissolversi in cielo. Esplorare il desiderio, la levitá e la consistenza. Mischiare le parole e le emozioni con il fumo.
Una volta -per poco- fu così. Io ero in giovane aviere di leva, lei un architetto un po’ più grande di me. Il lunedì mattina prendevamo il treno da Santhià alla volta di Torino. Io riprendevo servizio, lei tornava a casa dopo il weekend passato con il suo fidanzato.
Si chiamava Manuela, portava un caschetto di capelli biondi lisci con la frangia sul viso. Gli occhi azzurri, grandi e ricchi di espressioni, la carnagione chiara.
Indossava jeans, un giaccone Barbour, e un paio di stivali con tacco basso.
Parlavamo in quelle mattine mentre aspettavamo il treno.
Una delle prime volte lei tirò fuori dalla borsetta un pacchetto di Chesterfield. Non pensavo fumasse, e la cosa mi piacque molto. Fu una bella sorpresa. Mi offrì una delle sue sigarette. Accettai emozionato. Da allora ogni volta fumavano insieme, percorsi da una strana emozione. Lasciarsi era sempre uno strappo, mitigato dall'arrivederci, da una promessa di incontro, di sguardi e di fumo.
L’ultima volta che ci incontrammo andammo a prendere un caffè in un bar vicino a porta Nuova. Un bar modesto, un po’ di pompa nel bancone, ma un locale stretto e affollato. Uscimmo sotto i portici di via Sacchi per fumare ancora una volta insieme.
Stavamo di fronte, vicini, fumavano e ci guardavano negli occhi. Avrei dovuto dirle che la amavo. Non ne ebbi il coraggio.
Ci salutammo in un abbraccio stretto che profumava di fumo ed eccitazione. Sentii il suo corpo sotto la tela cerata del Barbour. Sentii la sua bocca odorosa di sigaretta che lambiva la mia. Sarebbe bastato un lieve movimento del viso per allineare la mia bocca alla sua e unirle in un lungo bacio. Quel movimento, quel bacio, avrebbero trasformato in addio in un inizio.
Avremmo preso ancora treni, avremmo passeggiato per Torino, cambiato stivali con All Star nella nostra primavera, esplorato i sentimenti, unito i corpi, avremmo fatto l’amore, avremmo fumato tanto insieme.
Bastava un piccolo gesto, una lieve rotazione del volto per vivere quell’amore.
Non ebbi il coraggio, la lasciai andare via.
Non l’ho più rivista.
Aspiro forte una boccata di fumo. Poi soffio la colonna azzurrognola verso il cielo.
Mi sento solo
Sh | Domenica, 10 gennaio 2021 @14:39
Io e lui 11enni, frequentavamo la stessa scuola, lo stesso "corso" di nuoto agonistico.
Le nostre mamme erano amiche d'infanzia.
Insomma, la coppia perfetta amata da amici e parenti. Ma...entrambi timidi, ci vergognavamo di entrare in intimità.
Galeotto fu il viaggio studio in Inghilterra, estate 2001: lontano dagli sguardi indiscreti dei conoscenti, ci divertimmo a scoprire la lingua inglese e... le nostre!
Tommaso | Sabato, 9 gennaio 2021 @17:22
Beh, il primo bacio, quello proprio non lo ricordo più, ricordo invece alcuni altri primi baci, quel momento nel quale le tue labbra trovano quelle di chi ti è entrato nel cuore e nella testa. in quel momento sboccia una promessa, una possibilità, in quel momento una scossa ti avvolge, ecco, quei primi baci li ricordo
Lilabella nuova | Sabato, 9 gennaio 2021 @16:04
Per il primo bacio è stato complice un falò in riva al mare nella notte di San Lorenzo ma quello che ricordo di più fu il mio secondo bacio, chiaramente con un altro uomo, lungo e interminabile e che mi faceva battere il cuore a mille! Mi piace leggere di tutti questi primi baci!
Un sorriso, Lila
C.N. | Sabato, 9 gennaio 2021 @14:52
Te lo scrivo perché è stata una cosa così bella e preziosa... E perché è anonimo ????
Buon weekend cara Lisa????
Non è il primo, ma è tra i primi e forse quello più romantico...
Avevo circa 15 anni, ad un campo scout nazionale, lui aveva una testa riccia bionda enorme, era ironico, divertente, di una grande città, un poco punk, faceva il figo...
L'ultimo giorno, l'ultima ora del campo andiamo in gruppo nel boschetto dove ci ritrovavamo le sere di nascosto... Piano piano mi accorgo che vanno via tutti con fare furbo e restiamo soli...
Beh, un bacio doce come il sole che entrava timido tra i rami assieme a qualche goccia di pioggia delicata...
Sono arrivata tardi alla partenza e mi sono presa un bel rimprovero dai capi...
Ricordo quel ritorno in pullman verso casa come oggi.
Ancora mi chiedo se oggi abbia quella testa piena di ricci o si sia tagliato i capelli.
I. | Sabato, 9 gennaio 2021 @14:45
Il mio primo bacio non è stato molto bello.. A 13anni, sulle scale di casa di fretta, terrorizzata che fossi scoperta da mia madre,e il mio lui è stato un pò irruento...
Mi ricordo uno degli ultimi baci che ho dato ,magari per la prossima rubrica ????
Finalmente ho pensato.. mi scoppiava il cuore! Avrei voluto che lui fosse quello "per sempre" e mentre mi baciava mi sono immaginata tutta la mia vita con lui ????
Pazienza ricominceremo la ricerca post covid ????
Cle | Sabato, 9 gennaio 2021 @09:47
Il primo bacio alla francese? con un francese off course! scena: scogliera di un’isola francese nel mediterraneo, senza luce elettrica intorno, corso di vela imposto dai genitori tra la terza media e la 4’ ginnasio, castello abbandonato e suono di cicale. Mancava solo lui,
il francesino che mi rincorreva la sera per un bacio e la
mattina si nascondeva tra le vele dei catamarani. Ricordo solo che quel bacio tutto umido mi dava solo la sensazione di aver capito finalmente cos era un bacio alla francese, e chi meglio di lui poteva insegnarmene i segreti. Ho dovuto aspettare quasi un anno per baciare un ragazzo di cui mi ero innamorata. chi altro può dire di avere avuto la miglior scuola sulla terra in fatto di baci? ❤️
R. | Sabato, 9 gennaio 2021 @09:45
Era capodanno del 2004 o forse del 2005. Lui era in classe con me al liceo...era così bello ed io così persa di lui. Eravamo fuori, pioveva e ci stringemmo per ripararci dalla pioggia sotto un balcone. Lui spalle al muro, io abbracciata a lui e mentre la pioggia cadeva e comunque ci bagnava mi baciò e io non ci credevo. Un bacio così bello io ancora lo ricordo tre lustri dopo
L. | Venerdì, 8 gennaio 2021 @08:12
Con una camicetta di raso verde e una gonnellina corta color buccia d’arancia in un pomeriggio di maggio nel finire degli anni "70 stavo in punta di piedi come una ballerina classica e mi girava la testa come se la testa e il cuore fossero saliti a mia insaputa su una giostra...Ecco il mio primo bacio e il mio primo abbandono, perché tu eri il
migliore amico di mio fratello, eri più grande e soprattutto sapevi che se ci fosse stato il secondo bacio mio fratello ti avrebbe spaccato la faccia e così sei sparito e io appena adolescente appesa alle tue labbra per giorni e mesi ci sono rimasta finché ho capito che quello era stato il mio primo bacio e non mi avresti dato il secondo ma è stato così meraviglioso che ancora oggi per me un bacio è la cosa più bella che c’è!
Paolo | Giovedì, 7 gennaio 2021 @11:28
Si, ricordo che quando andavo a scuola volevo fare il simpatico a tutti costi con la più bellina della classe, ricordo soprattutto che fu lei quella che mi fece battere il cuore di più .Si chiamava Silvia , era il motivo che mi faceva sorridere quando salivo le scale di quel palazzo grigio in via Lamarmora a Firenze . Silvia , bionda , cicciottella, quando ti baciai non capii più niente .....
Roberto | Mercoledì, 6 gennaio 2021 @17:56
Buongiorno con ricordo del primo bacio.
20 luglio 1969,Lignano Sabbiadoro. Mezzo miliardo di persone guardava la Tv ; io guardavo lei, capelli corti, occhi umidi. Faceva fresco, ci tenevamo le mani. Neil Armstrong poneva piede sul suolo lunare ; io accostavo le mie labbra alle sue , ed ero anch’io sulla luna.
Grazie di avermi fatto rivangare il ricordo , buona giornata. Roberto
A.F. | Lunedì, 4 gennaio 2021 @09:03
Al mare, in ascensore, su e giù dal quarto piano...Io 12, lui 13 anni
Valentina | Domenica, 3 gennaio 2021 @19:02
bacio d'estate al profumo di pini marittimi
Rosa | Domenica, 3 gennaio 2021 @19:01
Lisa, mi ricordo che ero in seconda media e che siamo andati al cinema, però non mi ricordo il nome del ragazzo, forse Gianluca, e nemmeno il film. Lui aveva i capelli neri.
Chiara | Domenica, 3 gennaio 2021 @19:00
Lisa estate, subito dopo l’esame di terza media, seduti su una vespa 50 bianca dopo essere stati a fare un giro, finalmente con le vacanze davanti a noi, prima che tutto cambiasse a settembre. Avevamo litigato per tutti e tre gli anni della scuola e poi ci siamo dati il primo bacio. È un bel ricordo
giusy | Domenica, 3 gennaio 2021 @17:35
mi è tanto piaciuto il racconto delle "baciofile" in erba. Mi ha fatto tornare il sorriso e quel cantuccio di buonumore indispensabile per portare a termine la giornata di una quasi settant'ottenne. E sei baci si fanno via etere, valgono, quasi quasi, come quelli veri.

Mi chiamo Lisa Corva, e questo lo sapete. Sapete anche, se siete qui, che credo nel potere delle parole. E della poesia.
Qui troverete i miei Buongiorno: da trasformare in sms, ricopiare sull’agenda, far viaggiare via web… Talismano, oroscopo, cioccolatino, schegge di luce o di consolazione: usateli come volete. Troverete anche le mie interviste, i miei articoli di moda, i miei colpi di fulmine in giro per il mondo. E, ovviamente, i miei libri.
Mi potete anche trovare (a volte) in Piazza Unità a Trieste: la città dove sono nata, dove non ho mai vissuto, ma che continuo testardamente a considerare mia. Se vi avvicinate abbastanza, mi riconoscerete. Se non altro, dal profumo di rose.